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La vera storia di “The Woman King”: l’unico esercito femminile della storia moderna

02/09/2024 13:53 - Ultimo aggiornamento 02/09/2024 13:56

The Woman King, un film che racconta una storia vera. Amiamo le storie vere tanto quanto voi e in questo articolo abbiamo deciso di approfondire la trama di un film del 2022 diretto da Gina Prince-Bythewood con protagonista l’attrice Viola Davis, celebre per la sua magistrale interpretazione in Barriere di Denzel Washington, grazie al quale ha vinto il Golden Globe, lo Screen Actors Guild Award, il Critics’ Choice Awards, il BAFTA e il Premio Oscar come miglior attrice non protagonista. In questo del 2022, che ha fatto il suo debutto su Netflix, l’attrice veste i panni di Nanisca, posta a capo di una nuova generazione di guerriere che si uniscono alle Agojie per proteggere il regno contro l’avanzata nemica. Il racconto può risuonarvi come di pura fantasia eppure è tutto vero: ecco a voi la storia vera che ha ispirato il film “The Woman King”. (Continua a leggere dopo la foto).

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Il film “The Woman King” racconta una storia vera

La fondazione del Regno risale alla metà del XVII secolo e fin da subito, sotto l’egemonia del re Aho, le donne ebbero un ruolo centrale nell’amministrazione e nella struttura militare del regno. Infatti a ogni alto funzionario maschile corrispondeva una controparte femminile. Il gruppo venne detto “Donne del Leopardo” e risultava composto da alcune principesse incaricate di vigilare sui ministri. Durante il regno di Agadja (1708-1732), Dahomey consolidò il proprio potere, conquistando Allada e il ricco porto di Ouidah e affermandosi come uno dei principali attori nel commercio degli schiavi. Le ingenti perdite umane e il malcontento generale, portà Agadja a istituire un corpo militare femminile, le celebri “Amazzoni di Dahomey” (note in lingua fon come “Agojie” o “Mino”). Queste guerriere, composte da vergini o donne obbligate al celibato, si identificavano con l’espressione “noi siamo uomini”.
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Come si apprende in Storia dell’Africa Nera di Jospeh Ki-Zerbo, le Agojie entravano in azione come esercito proprio nei momenti più difficili. Un contemporaneo le descrisse come “un corpo di soldatesse, ciascuna armata di un piccolo moschetto e una corta sciabola, con un fodero in velluto cremisi”. Nello specifico, l’esercito femminile era organizzato in vari reggimenti, ciascuno con uniformi e armi, oltre che con comandanti alla guida. In breve tempo, le Amazzoni si distinsero per ferocia e determinazione, al punto che una canzone di guerra, tradotta nel 1851, recitava: “Come il fabbro modella una sbarra di ferro con il fuoco, così noi abbiamo cambiato la nostra natura. Non siamo più donne, siamo uomini”. Si narra che una delle amazzoni, per dimostrare di non temere alcun pericolo, si sedette tranquillamente ai piedi delle mura e cominciò a fumare la sua lunga pipa, incurante delle pallottole e delle frecce che piovevano intorno a lei; e questo è accaduto fino a quando non chiuse per sempre i suoi occhi. Ed è proprio grazie all’indiscusso coraggio e abilità militare delle Amazzoni che Dahomey si liberò dalla soggezione a Oyo nel 1821 nella decisiva battaglia di Pawigan.
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“The Woman King”, la ricezione del film dopo il debutto su Netflix

Il film “The Woman King” ha riscosso un notevole successo tra gli spettatori. Numeri alla mano, il film ha ottenuto sul sito di recensioni Rotten Tomatoes un punteggio pari al 94% da parte della critica e al 99% da parte del pubblico. Tra i commenti si legge: “C’è una certa tenerezza e potenza con cui la regista Prince-Bythewood sceglie di inquadrare visivamente la storia. La sua regia consente un’esperienza che è tanto emotivamente rinvigorente quanto stimolante e ispiratrice”, e ancora: “È ben realizzato dall’inizio alla fine, con Davis che brilla nel ruolo da protagonista”,  “The Woman King indossa con orgoglio la sua corona”. Accanto ai complimenti c’è stato anche chi ha trovato la trama prevedibile e poco realistica: “Tra la ballata storica africana e l’epica femminista, The Woman King si rivela poco spettacolare dal punto di vista accademico, fastidiosamente prevedibile e palesemente artificioso”. Ed è anche un articolo apparso su Esquire che ha sottolineato quanto il film rappresenti un “naufragio nella retorica e nel falso storico”.