
Recensione Il Gattopardo – Netflix ha deciso di affrontare una delle opere più iconiche della letteratura e del cinema italiano, Il Gattopardo, trasformandolo in una serie Tv che non poteva non generare aspettative altissime, non a caso guida la Top 10 di Netflix. Un’operazione ambiziosa, considerata l’eredità lasciata dal capolavoro cinematografico di Luchino Visconti, che nel 1963 aveva immortalato su pellicola il celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ma questa nuova versione riesce a reggere il confronto o è soltanto un tentativo mal riuscito? Scopriamolo insieme. [TRAILER in fondo]

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La rivisitazione della trama
La serie segue la famiglia dei principi di Salina mentre la Sicilia borbonica si trova di fronte alla avanzata garibaldina. Il giovane Tancredi abbraccia il cambiamento, incarnando il celebre motto del romanzo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Data tale necessaria premessa, notiamo invece che la nuova versione pone maggiore enfasi sulle passioni anziché sulla riflessione storica e sociale. Tra balli sontuosi, conflitti di classe e sentimenti inespresso, Il Gattopardo di Netflix si trasforma in una saga famigliare romantica, forse nell’intento – neppure troppo velato – di replicare i fasti di Bridgerton.

Sicché la serie si concentra più su Concetta (Benedetta Porcaroli), figlia del principe don Fabrizio (Kim Rossi Stuart), e sulla sua storia d’amore inevasa con il cugino Tancredi, che invece sposerà la bellissima e scaltra Angelica (Deva Cassel), figlia del borghese don Calogero, che su altro. Concetta era un personaggio assai marginale, invece, nel film di Visconti. Ora, fermiamoci un attimo per precisare, senza offesa, che due attori non esordienti ma quasi, ovvero Saul Nanni, nei panni di Tancredi, e la stessa Deva Cassel faticano a reggere il confronto con chi li ha preceduti, e parliamo di leggende come Alain Delon e Claudia Cardinale. In molti, poi, hanno fatto notare il terribile accento pseudo-siciliano di Saul Nanni.
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Cast e personaggi: chi convince e chi no?
Kim Rossi Stuart (Principe di Salina) dona al personaggio un’aura malinconica, ma manca del peso storico e della profondità incarnata da Burt Lancaster nel film di Visconti. Benedetta Porcaroli (Concetta) è il cuore pulsante della serie. La sua interpretazione porta un nuovo focus alla storia, anche se rischia di appiattire il racconto su un piano troppo sentimentale. Deva Cassel (Angelica) ha la presenza scenica di una modella, ma il suo personaggio manca di carisma e profondità. Saul Nanni (Tancredi) non riesce a eguagliare la diabolica ambiguità di Alain Delon, risultando poco incisivo. Nel complesso, il cast appare ben selezionato, ma non sempre all’altezza della complessità dei personaggi originali.

Recensioni della critica
Le recensioni della critica sono contrastanti. Il Corriere della sera dà un voto di 6.5; Rotten Tomatoes assegna alla serie un 65% di gradimento, e il portale Today è impietoso: 5 e mezzo il punteggio assegnato, parlando esplicitamente di “delusione”. Tutto ciò testimonia una ricezione tiepida e di una valutazione media che supera di poco la sufficienza, mentre solo su IMDb la serie si attesta su un 7.3/10. Se da un lato vengono apprezzati la fotografia e i costumi, dall’altro si critica la sceneggiatura per la sua eccessiva semplificazione della trama e dei temi storici.

Tanta forma, poca sostanza
Netflix ha scelto di romanticizzare e modernizzare Il Gattopardo per renderlo più accessibile a un pubblico giovane, prendendo ispirazione da successi come Bridgerton. Purtroppo, questa scelta non ha dato i risultati sperati. Vediamo, nel dettaglio, i punti di forza e le debolezze:
- Cosa funziona?
- L’estetica: le scenografie e i costumi sono impeccabili.
- Le scene inedite: l’episodio ambientato a Torino aggiunge un tocco interessante.
- Cosa non funziona?
- Manca la profondità storica e psicologica. La Sicilia e il suo peso storico vengono relegati a sfondo, senza la grandeur viscontiana.
- I personaggi sono poco approfonditi. Il Principe di Salina viene sviluppato solo negli ultimi episodi, e Tancredi appare privo di sfaccettature.
- Il focus sentimentale toglie potenza alla narrazione. Più che una storia sul declino della nobiltà siciliana, sembra un dramma amoroso in costume.
I paragoni impegnativi
Il Gattopardo è tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato nel 1958. Considerato uno dei più grandi romanzi italiani, ha vinto il Premio Strega e venduto oltre 4 milioni di copie. L’adattamento cinematografico di Visconti del 1963 è considerato un capolavoro assoluto, vincitore della Palma d’Oro a Cannes. Con predecessori di tale prestigio, è inevitabile fare paragoni, per lo più impietosi, a ben vedere.
