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Trump contro Hollywood: dazi del 100% sui film prodotti all’estero. Netflix e Disney crollano in borsa

05/05/2025 18:40 - Ultimo aggiornamento 05/05/2025 19:16
Trump dazi 100% sui film prodotti all'estero
Foto © Gage Skidmore – Flickr

Hollywood trema. Il recente annuncio di Donald Trump su un possibile dazio del 100% per i film prodotti fuori dagli Stati Uniti ha scosso il mondo del cinema e spaventato gli investitori. Queste misure, parte delle proposte di Trump sui dazi per prodotti realizzati all’estero, colpiscono duramente l’industria. Le azioni di Netflix, Disney, Paramount e Warner Bros. Discovery sono calate bruscamente, lasciando l’industria nel caos. A preoccupare non è solo l’eventuale impatto economico: si teme un vero stravolgimento del sistema produttivo globale su cui si fonda l’industria cinematografica. La questione è ancora nebulosa, ma le reazioni non si sono fatte attendere.

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Il piano di Trump: dazi e retorica

Nel suo post su Truth Social, Trump ha parlato di una “minaccia alla sicurezza nazionale” da parte dei Paesi che offrono incentivi per attrarre produzioni statunitensi. Il suo piano? Imporre dazi del 100% su qualsiasi film girato all’estero. Nessuna precisazione su tempi o modalità, ma l’intenzione ha già avuto effetto sui mercati.

Un portavoce della Casa Bianca ha confermato che “tutte le opzioni sono al vaglio” per rilanciare il cinema americano. Una mossa che sembra più simbolica che concreta, ma che ha già generato panico e confusione tra i produttori, in particolare in Europa.
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Reazioni da Hollywood all’Europa

L’industria americana esporta film per oltre 22 miliardi di dollari l’anno, con un surplus commerciale di oltre 15 miliardi. Ma oggi la produzione è globale: molti film americani – Mission: Impossible, Avengers, Gladiator -sono girati in Europa, per ragioni artistiche, logistiche ed economiche. Anche Mel Gibson, ambasciatore “speciale” di Trump, sta preparando il sequel de La Passione di Cristo… a Roma.

Registi, produttori e addetti ai lavori nel Regno Unito, in Francia, Germania e Medio Oriente denunciano l’assurdità del piano. Dai set di Ridley Scott in Italia ai nuovi studi in costruzione in India, il sentimento è unanime: “Questo è un colpo all’intera industria globale”. Secondo alcuni, spostare le produzioni solo negli USA sarebbe insostenibile e, alla lunga, porterebbe a una maggiore dipendenza dagli effetti digitali e dall’intelligenza artificiale.

L’Italia osserva (e teme) da vicino

In Italia, dove molte produzioni americane scelgono di girare approfittando di location uniche e generosi incentivi fiscali, l’annuncio di Trump è stato accolto con preoccupazione diplomatica. Cinecittà Studios, destinato a ospitare le riprese del nuovo film di Mel Gibson The Resurrection of the Christ, ha sottolineato l’importanza di un’industria audiovisiva circolare e aperta. “Sappiamo quanto le produzioni americane apprezzino il nostro ecosistema fatto di bellezza, cultura e professionalità,” ha dichiarato l’amministratrice delegata Manuela Cacciamani.
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Line producer come Marco Valerio Pugini, attualmente impegnato sul set italiano del nuovo film di Ridley Scott, avvertono: “Gli Studios continueranno a venire qui per girare. Non inizieranno certo a girare James Bond a Detroit.” Intanto l’incertezza pesa anche sui progetti europei in pre-produzione, che ora rischiano ritardi e rincari imprevedibili.
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E Netflix?

Netflix, che basa gran parte del proprio catalogo su produzioni internazionali, è tra le aziende più esposte. Secondo gli analisti di Morgan Stanley, nel 2024 i film rappresentavano tra il 25% e il 30% del totale delle ore viste sulla piattaforma. Un dazio del 100% su titoli prodotti all’estero – che spesso coinvolgono fasi diverse di lavorazione in paesi differenti – comporterebbe costi aggiuntivi, meno titoli e margini ridotti. E c’è un rischio in più: misure di ritorsione da parte di governi stranieri, che potrebbero rispondere bloccando o tassando pesantemente i servizi di streaming americani.
Per approfondire l’intera vicenda, leggi gli approfondimenti su Variety.