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La storia vera che ha ispirato “L’infermiera” su Netflix

23/05/2024 11:51 - Ultimo aggiornamento 23/05/2024 11:51

In pochissimo tempo, la miniserie danese “L’infermiera” è balzata nella TOP 10 delle più viste su Netflix. Questo accade spesso ai film o alle serie ispirate a storie vere. Sì, perché l’atroce vicenda riprende quanto accaduto in Danimarca nel 2015, una storia che traumatizzò il pacifico Paese scandinavo. Ma, come vedremo, si trattò di un fatto tutt’altro che isolato. Infatti vicende affatto dissimili si sono verificate un po’ in tutto il mondo, Italia compresa. A partire dalla storia di Christina Aistrup Hansen, sono tanti i casi di (plurimi) omicidi avvenuto in ambito sanitario. Ecco il nostro articolo di approfondimento. (Continua a leggere dopo la foto).

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L’infermiera: cosa è successo nella storia vera di Christina Aistrup Hansen?

Christina Aistrup Hansen è l’infermiera danese che ha ispirato la miniserie: uccideva i suoi pazienti dell’ospedale “Nykøbing Falster” di Guldborgsund, nella Danimarca meridionale, facendo loro assumere, inconsapevolmente ingenti dosi di morfina e diazepam (Valium). Fu scoperta, e fu così dato l’avvio alle indagini, dalla sua collega Pernille Kurzmann Larsen, che convinse la polizia a indagare su ciò che avveniva all’interno dell’ospedale. Nel 2015, quando i suoi omicidi seriali vennero alla luce, la pacifica e civile Danimarca ne rimase sconvolta. Il processo suscitò clamore mediatico, anche per le testimonianze dei colleghi, talmente circostanziate da gettare ombre sinistre sull’intero suo reparto.

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Cosa ha fatto Christina Aistrup Hansen per essere condannata?

C’era una motivazione, per così dire, “etica” dietro il comportamento dell’infermiera Christina. “Etica” nel quadro di una conclamata follia: dopo alcune perizie psicologiche, si scoprì che Christina Aistrup Hansen soffriva di disturbo istrionico di personalità, che è caratterizzato da una forte estremizzazione delle emozioni e dal tentativo di farsi riconoscere costantemente dagli altri per soddisfare il proprio narcisismo. Di fatto, con brutale approssimazione, era come se l’infermiera volesse rendersi protagonista delle vite degli altri.

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Quali sono i dettagli della storia reale che ha ispirato L’infermiera?

Lo schema era il seguente: Christina salvava costantemente pazienti che andavano in arresto cardiaco, che ella stessa aveva provocato. Il processo all’infermiera killer coinvolse addirittura 70 testimoni. Alla fine, oltre alla ovvia revoca della qualifica professionale di infermiera, la donna ottenne la condanna, nel 2017, a 12 anni. Se anche a voi sembrano pochi, è perché i quattro omicidi e un tentato omicidio che inizialmente le avevano fatto assegnare l’ergastolo, vennero, in appello, giudicati “colposi”. Infatti, mancavano le prove tecniche sufficienti a stabilire che il suo comportamento fosse l’esatta causa delle morti.

Come è stata trattata la vicenda de L’infermiera nell’omonimo libro?

L’omonimo libro di Kristian Corfixen (pubblicato in Italia da SAGA Egmont nel 2021, 332 pagine) si concentra, rispetto alla serie, anche su un’anomalia: vari colleghi raccontano alla polizia di aver sospettato che l’infermiera avvelenasse i pazienti e alcuni di loro affermano persino di aver nutrito lo stesso sospetto per vari anni. Ma perché nessuno ha reagito, e dove sono le prove? L’autrice racconta in modo appassionante gli eventi che hanno portato alla condanna della famigerata infermiera scandinava. Il libro raccoglie le testimonianze di tutti i protagonisti del caso, inclusa l’infermiera condannata e la testimone chiave che per la prima volta parlano pubblicamente della propria esperienza. Ancora oggi, l’infermiera si proclama innocente.

Il fenomeno dei/delle “killing nurse” nel mondo

Non si tratta, purtroppo, di casi isolati. La cronaca e l’attualità sovente si interessano a vicende analoghe. La stessa Netflix, dal 26 ottobre 2022, propone un altro titolo ispirato a una storia vera: The Good Nurse, film che riprende la vicenda di Charlie Cullen, interpretato da Eddie Redmayne, infermiere responsabile di 29 omicidi confermati e di quasi 400 non del tutto chiariti e per cui non ci sono attualmente prove schiaccianti: di fatto, a livello statistico, si tratterebbe di uno dei serial killer più prolifici nella storia degli Stati Uniti d’America. Cullen è stato condannato nel 2006 ad undici ergastoli consecutivi. Secondo le testimonianze dello stesso Cullen, l’infermiere avrebbe ucciso con dosi letali di insulina e digossina. Anche questa storia vera, prima di approdare sullo schermo, ha ispirato un libro: pubblicato, con lo stesso titolo, dal giornalista Charles Graeber (La nave di Teseo 2022, 496 pagine).

I casi di omicidi in ambito sanitario in Italia

Anche l’Italia ha conosciuto atti criminali del genere, che inspiegabilmente paiono essere una costante in tutti i Paesi occidentali, dovuti essenzialmente a disturbi mentali, magari latenti, di coloro che dovrebbero accudire i pazienti. L’ultimo in ordine di tempo è il recentissimo caso dell’infermiere foggiano accusato di aver ucciso 16 pazienti terminali. Tutte le morti sospette sono avvenute nell’Hospice dell’Azienda Sanitaria Locale di Torremaggiore. I pazienti deceduti, tutti anziani o con patologie terminali, sono stati riesumati su disposizione della Procura della Repubblica di Foggia. A quanto si è appreso da fonti ufficiose della Procura si ritiene che i decessi siano stati determinati da un sedativo utilizzato anche a scopo anestetico. Si tratta del Midazolam, che, a dosi eccessive o mescolato con altri farmaci, potrebbe determinare il decesso del paziente. La difesa dell’uomo, durante il processo che si sta svolgendo proprio in questi giorni nel tribunale di Foggia, ha richiesto una perizia psichiatrica. C’è, poi, il caso ben noto di Daniela Poggiali, l’infermiera di Lugo definita “killer” per alcuni omicidi nella clinica dove lavorava, che tuttavia è stata definitivamente assolta nel 2021.
Uccideva i pazienti per poi incassare una tangente dalle pompe funebri: questo, forse, è il caso più infame e sconvolgente. A perpetrare gli omicidi Antonio Busnelli, infermiere del Fatebenefratelli di Milano, condannato nel 1992. Usava l’Isoptin, un farmaco vasodilatatore, provocando crisi cardiache fatali.

Storie simili accadute in Europa: cosa hanno in comune con L’infermiera

In tutta Europa, oltre che, come abbiamo visto, negli USA, si sono verificate tali preoccupanti vicende. Desiderava che il suo lavoro venisse approvato dai colleghi: grosso modo la stessa motivazione (assurda) dell’infermiera danese: è quella che spingeva l’infermiere tedesco Niels Hoegel, accusato di aver ucciso 84 pazienti dal 2003 al 2005, ma vi è l’atroce sospetto che il numero comlessivo, durante il resto della sua attività professionale, possa salire a 200. Anche la procedura era la medesima: provocare arresti cardiaci nei pazienti, per poi intervenire prontamente. Solo che, in molti casi, i pazienti non hanno retto. Hoegel è stato condannato a diversi, ovvi, ergastoli. Un delirio di onnipotenza che ha interessato anche un collega norvegese. Arnfinn Nesset “non riusciva a smettere”, per sua stessa ammissione. Dal 1977 al 1980, con nu derivato del curaro, ha tolto la vita a ben 138 pazienti. E questi sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno sempre più frequente, e sempre più inquietante.

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FONTI

Netflix, Globalist, Panorama, ScreenWorld