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Tutto in una sola stagione: ecco la nostra Top 10 delle miniserie più avvincenti da vedere su Netflix

La nostra Top 10 delle migliori miniserie da vedere su Netflix
14/07/2024 14:46 - Ultimo aggiornamento 14/07/2024 14:47

Miniserie da vedere su Netflix, le migliori – Rispetto alle Serie Tv propriamente dette, quelle che durano più stagioni, le miniserie consumano l’intreccio narrativo nell’arco di un solo ciclo di episodi, generalmente dalle 8 alle 12 puntate, e sono forse più indicate in questi tempi frenetici. Abbiamo deciso, dunque, di stilare una nostra lista personale: in questo articolo troverete titoli piuttosto variegati, che provengono da più Paesi e abbracciano generi diversi, in modo da accontentare ogni fascia di pubblico con la nostra Top 10. (Continua a leggere dopo la foto)

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Come sempre, sai che puoi trovare su Netflixmania i riepiloghi delle nuove uscite di tutti i film e le serie del mese e della settima da vedere su NetflixPrime Video e Disney+ QUI.

Dalla fredda Danimarca arriva la miniserie thriller del 2021, che si apre con una sequenza scioccante: nel 1987, una famiglia viene trovata brutalmente assassinata nella loro fattoria isolata. Più di trent’anni dopo, la tranquillità di Copenaghen viene nuovamente infranta quando il corpo di una giovane donna, mutilato e con una mano amputata, viene scoperto in un parco giochi. La particolarità dei crimini e degli omicidi è la consueta firma che viene lasciata dall’assassino, ovvero una statuetta fatta di castagne e legnetti. Il detective Naia Thulin, interpretata da Danica Curcic, e il suo collega Mark Hess, interpretato da Mikkel Boe Følsgaard, vengono chiamati a investigare. La loro ricerca li porta a scoprire che l’impronta digitale di una ragazza scomparsa, la figlia della politica Rosa Hartung, è stata trovata sulla statuetta di castagne. Questo indizio macabro li immerge in un’inquietante caccia a un serial killer che sembra sfidare ogni logica. La miniserie è basta sul romanzo omonimo di Soren Sveistrup, pubblicato nel 2018 e in Italia edito da Rizzoli.
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La miniserie italiana  vede protagonista Vittoria Puccini nei panni di Elena Guerra, un pubblico ministero di successo a Mantova, deve indagare su un caso delicatissimo. La giudice è prossima a prendersi un anno sabbatico per recarsi a New York, dove lavora il marito. Il piano salta quando le viene assegnato un caso che sta assumendo rilevanza nazionale e la cui vittima è Angelica Petroni, una ragazza diciassettenne uccisa in maniera brutale. Nel processo le si contrappone un noto avvocato penalista senza scrupoli di nome Ruggero Barone (Francesco Scianna), assunto come avvocato della difesa da una donna molto facoltosa, Linda Monaco (Camilla Filippi), accusata di aver ucciso Angelica, la quale si scopre avere un legame con la stessa Elena. Un successo anche negli Stati Uniti, dove la miniserie è stata rilasciata con il titolo The Trial. È disponibile, dunque, in diverse lingue: inglese, spagnolo, francese, turco, persino in cinese e vietnamita e il sito di recensioni Rotten Tomatoes assegna un ottimo 82% di gradimento del pubblico.
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Una terribile storia vera: all’incirca mezzo milione di cittadini statunitensi, dal 1996 al 2019, sono morti a causa dell’OxyContin, in maniera diretta e indiretta. Una tremenda storia vera, quella narrata nella miniserie USA. Essa, a sua volta, è tratta dal libro Pain Killer: L’impero dell’inganno e la grande epidemia americana di oppiacei di Barry Meier e dall’articolo The Family That Built an Empire of Pain“, pubblicato sul New Yorker da Patrick Radden Keefe, che sollevò il caso. La Purdue Pharma è considerata la principale responsabile della cosiddetta epidemia degli oppioidi. La vicenda giudiziaria contro la famiglia Sackler, proprietaria della Purdue, arriva sino al settembre del 2021, allorché la Purdue è stata condannata a risarcire 4,5 miliardi di dollari di danni: è emerso che Purdue Pharma e la famiglia Sackler conoscessero l’esponenziale rischio dell’abuso e della dipendenza, da ancor prima che la DEA, l’agenzia antidroga degli USA, cominciasse ad indagarvici. I membri della famiglia Sackler hanno goduto fama di grandi mecenati e filantropi, addirittura al Guggenheim Museum di New York vi era una iscrizione, poi rimossa, che ricordava gli ingenti finanziamenti ricevuti da costoro.
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Anch’essa è una miniserie fondata su una storia vera. In un orfanotrofio del Kentucky negli anni Cinquanta una ragazza scopre di avere un talento incredibile per gli scacchi. Nel frattempo lotta con un problema di dipendenza. La storia esplora la vita di Beth Harmon, una bambina prodigio degli scacchi. Una vita difficile quella di Beth che incontra i primi ostacoli fin dalla sua infanzia. La serie tv segue la sua lotta contro le dipendenze da alcol e psicofarmaci mentre insegue il sogno di conseguire il titolo di grande maestra di scacchi. Il cast include Anya Taylor-Joy nei panni di Beth Harmon.
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La miniserie, una produzione tedesca e statunitense, è basata sull’autobiografia di Deborah Feldman, nata ortodossa ha poi deciso di staccarsi dalle sue radici. Viene raccontata la sua storia e di quando appena compiuti i 19 anni decide di lasciare la fede ultra-ortodossa chassidica. Il suo scopo nella vita secondo la sua comunità è di procreare, nonostante lei sia amante della musica. Decide quindi di andare a Berlino sperando di poter ricominciare una nuova vita e qui incontra proprio sua madre che anni prima aveva lasciato la comunità. Una storia di conflitti, di perdita di se stessi e di lotte per l’affermazione del proprio essere.
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La trama racconta la storia di Alex, una giovane madre in fuga da un rapporto violento: la ragazza inizia a lavorare come domestica con l’obbiettivo di riuscire a mantenere la figlia assicurandole un futuro migliore. La miniserie ispirata al bestseller autobiografico di Stephanie Land racconta l’incredibile storia di una madre che si destreggia tra lavoro duro e paga bassa, dando prova della propria volontà di sopravvivere. Con Margaret Qualley e dai produttori di Shameless e Una donna promettente.
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Serie spagnola che tra spunto dall’omonimo film del 2020 di Daniel Calparsoro, un thriller in piena regola: dopo la morte del marito, Sole deve trovare un modo per arrivare a fine mese e badare a suo figlio. Decide, dunque, di riprendere i contatti con i “Moonshiners“, la banda di rapinatori che era capeggiata dal marito. Al contempo, non vuole chiedere l’aiuto di suo padre Rogelio, anche lui immischiato negli affari malavitosi, essendo uno dei più grandi trafficanti di oggetti rubati a Madrid. Non sarà facile la nuova vita di Sole, con la polizia alle calcagna e le bande rivali che li ostacolano, ma Sole non è disposta a fallire.
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Lo scontro mette in luce e racconta di un comportamento ordinario ma sbagliato: il rapporto impetuoso degli automobilisti nei confronti di altri automobilisti, allegoria di una pesante critica alla società americana, competitiva e individualista. I due protagonisti Danny Cho, un imprenditore caduto in disgrazia e di pessimo umore, e Amy Las, una donna in carriera dalla vita eccentrica e i nervi a fior di pelle si ritrovano, contro la loro volontà, a condividere una parentesi della loro vita. La miniserie esplora le vicende del conflitto avvenuto tra i due estranei, dopo un incidente stradale, analizzando le conseguenze e il peso che l’episodio ha avuto sulle loro vite ma soprattutto sulla loro psicologia. Invidia, vendetta, alienazione e rabbia fanno capolino in questa nuova opera lanciata da Netflix.
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In sei episodi Quicksand, la miniserie svedese diretta da Camilla Alhgren (titolo originale Störst av allt) racconta, prendendo spunto dal film statunitense abbastanza disturbante Elephant diretto da Gus Van Sant, la violenza sia fisica che mentale. Ambientata a Stoccolma, la storia si concentra sulla relazione tra due giovani ragazzi Maja e Sebastian. Quest’ultimo non gode di una buona reputazione, infatti, il ragazzo è definito problematico sia dalla famiglia che dagli amici. Ma ancor prima che la narrazione inizi ad analizzare la relazione tra i due, già dalle prime scene mette a fuoco il tema principale. I primi minuti ci mostrano la tragica vicenda che accade nella scuola di un ricco quartiere chiamato Danderyd: una sparatoria, e la prima persona accusata è proprio Maja. Durante il processo verranno messi in luce dettagli importanti che riguardando studenti, genitori e insegnanti. La domanda che ci accompagna durante la visione è appunto se Maya è davvero l’artefice della tragedia o è solamente anch’essa una vittima.
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James Whitehouse è il ministro degli interni del governo Tory che durante la serie è guidato da Tom Southern, primo ministro. I due sono ottimi amici dai tempi di Oxford e fanno parte di un gruppo altolocato chiamato Libertine, nata come confraternita ai tempi dell’università. Ciò che James e la moglie hanno costruito nella società britannica comincerà però ad infrangersi quando l’uomo verrà accusato di stupro. James ammette la relazione extraconiugale, affermando però che fosse consensuale. Kate Woodcroft, avvocato sarà la persona che lo perseguirà penalmente. James è colpevole o innocente? Guardate la storia per il colpo di scena che non vi aspettate. La serie è stata tratta dal romanzo scritto da Sarah Vaughan del 2018. In realtà Sarah Vaughan è lo pseudonimo usato dalla giornalista Sarah Hall. La storia non è propriamente vera, ma ovviamente alcuni fatti sono ispirati a istituzioni reali o interazioni esistenti. Ad esempio la confraternita Libertine si basa sul reale club controverso esistente nell’università di Oxford, ovvero il Bullingdon Club.
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