
Ci sono passaggi della nostra letteratura che non si leggono: si vedono, e non solo perché oggetto di trasposizioni cinematografiche o televisive. E quello scelto dal Ministero per la prima prova della Maturità 2025 è uno di questi. Con Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa ha regalato all’Italia un grande romanzo sulla fine di un mondo e sull’arrivo del successivo, immergendoci nel teatro della Storia.

Il brano proposto per la Maturità era tratto dal capitolo dell’incontro tra Angelica e la famiglia del principe di Salina, scene iconiche sia nel leggendario film di Luchino Visconti, sia nella recente serie Tv prodotta da Netflix: Il Gattopardo, appunto. Una scelta che non esiteremmo a definire “nazionalpopolare”, che tuttavia cavalca l’onda della contingenza: basti pensare che il romanzo è stato ripubblicato in occasione della serie Netflix.
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«…si gettò nelle braccia di don Fabrizio: gli diede, sulle basette, due bei bacioni che furono ricambiati con genuino affetto; il Principe si attardò forse un attimo piú del necessario a fiutare l’aroma di gardenia delle guancie adolescenti. Dopo di che Angelica arrossí, retrocedette di mezzo passo: “Sono tanto, tanto felice …” Si avvicinò di nuovo e, ritta sulla punta delle scarpine, gli sospirò all’orecchio: “Zione!”»
(Un frammento del brano scelto per la Maturità)
Nel brano proposto, estrapolato dal romanzo Premio Strega del 1959, tutto è spettacolo. Non nel senso deteriore, ma nel significato autentico: quello del palcoscenico. Ogni gesto, ogni parola, ogni dettaglio d’abito o sfumatura di profumo è studiato, calibrato, “di regìa impeccabile”. Angelica, splendida figlia del sindaco Sedara, si presenta come promessa sposa di Tancredi, nipote del Principe, e già occupa il centro della scena con la consapevolezza di un’attrice consumata.

Ma questa non è finzione. È messa in scena del potere, del desiderio, della scalata sociale. L’aristocrazia osserva e valuta. La borghesia si adatta e conquista. Lei entra, pianta il padre sulla soglia e si getta — con garbo e strategia — tra le braccia del Gattopardo. Lo chiama “Zione”, e con quel solo vezzeggiativo conquista l’ultima roccaforte: l’approvazione dello zio, che non è solo zio, ma garante di uno status. È qui che la letteratura tocca il cuore stesso della trasformazione sociale: il passaggio da una nobiltà stanca a una borghesia ambiziosa.
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Angelica e Don Calogero: due facce del nuovo potere
Si noterà che nel testo, il principe Tomasi di Lampedusa, evidente alter ego del principe di Salina, non giudica, ma osserva con ironia sottile. Angelica è perfetta, quasi troppo. I suoi gesti sono calibrati, le sue parole un’eco della retorica da salotto. Il suo profumo di gardenia inebria il Principe, ma dietro il rossore e la grazia c’è il calcolo. Eppure, non è una caricatura; piuttosto, una allegoria. È la personificazione della nuova Italia: seducente, pragmatica, vincente.

Don Calogero, invece, è un personaggio tragicomico. Ricco, volgare, impacciato, mente goffamente sulle condizioni di salute della moglie pur di salvare la facciata. Quando il Principe propone di farle visita, inventa sul momento una seconda scusa, accumulando malattie immaginarie come un attore improvvisato in una commedia degli equivoci. Ma dietro questa ridicolaggine, c’è il dramma di un uomo che cerca — e fallisce — di entrare nel mondo che sua figlia ha già conquistato da sola.

Un microdramma che racconta l’Italia intera
Quella scena non è solo un momento familiare. È una microscena storica, in cui si condensano i cambiamenti politici, culturali e sociali del Risorgimento. È la rappresentazione vivissima dell’aforisma più celebre del romanzo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.” Angelica e Tancredi incarnano questo paradosso: cambiare tutto (le alleanze, le classi, i codici) per salvare le apparenze, per preservare un ordine che si sta comunque sgretolando.

La lezione del Gattopardo nel 2025 (e la serie di Netflix)
Con le sue sontuose location, Il Gattopardo di Netflix (QUI la nostra recensione) ha rinverdito un mito, e non è questa la sede per approfondire il valore dell’opera rispetto al film del 1963. Nella serie, la bellissima e scaltra Angelica, figlia del borghese don Calogero, ha il volto di Deva Cassel; nel film, quello di Claudia Cardinale. Entrambe impegnate a restituire il profumo, il sorriso strategico, la menzogna sociale della nuova classe al potere.
“A prima vista è un dramma che racconta, come dice il principe di Salina, la condizione universale di chi appartiene a una generazione disgraziata, a cavallo fra i vecchi tempi ed i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due tuttavia è anche la vicenda intima che lega il grande patriarca di questa famiglia e la sua amata figlia”.
Tinny Andreatta, vicepresidente per i contenuti italiani di Netflix
Pur se con alcune licenze – come una maggiore enfasi posta sul personaggio di Concetta (Benedetta Porcaroli), figlia del principe don Fabrizio (Kim Rossi Stuart) – la serie Il Gattopardo narra la storia di una famiglia aristocratica siciliana alle prese con i profondi cambiamenti sociopolitici del XIX secolo, un racconto intenso che affronta temi universali come il potere, l’amore e il costo del progresso.