
Un caso che aveva già fatto il giro del mondo torna ora al centro dell’attenzione pubblica e giudiziaria. A rilanciarlo è stata la docuserie Netflix Da rockstar a assassino: il caso Cantat, che ha spinto la procura di Bordeaux a riaprire ufficialmente un’inchiesta riguardo a presunte violenze volontarie compiute da Bertrand Cantat, storico leader dei Noir Désir, prima della morte della sua ex moglie, Krisztina Rády, ritrovata impiccata nella loro casa il 10 gennaio 2010. È notizia di queste ore: la Procura di Bordeaux ha riaperto il caso della morte di Krisztina sulla scorta delle prove rielaborate dalla docuserie, uscita nel marzo 2025.

La docuserie Netflix dava conto di presunte violenze volontarie compiute da Bertrand Cantat, storico leader dei Noir Désir, prima della morte della sua ex moglie, Krisztina Rády, ritrovata impiccata nella loro casa il 10 gennaio 2010. Induzione al suicidio? È quello che ora si dovrà appurare.
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L’omicidio di Marie Trintignant – sette anni prima
Cantat era già salito agli onori delle cronache per l’omicidio preterintenzionale di Marie Trintignant, attrice francese e figlia del celebre Jean-Louis Trintignant. La tragedia si consumò nel luglio 2003 a Vilnius, in Lituania, durante una lite in albergo. L’aggressione fu brutale: secondo i medici legali, Marie subì 19 colpi, riportando gravi lesioni cerebrali che la portarono alla morte dopo giorni di coma. Cantat fu condannato a otto anni di reclusione nel 2004, ma uscì dopo appena tre anni, nel 2007, in libertà condizionale.

Durante il processo per la morte di Trintignant, Cantat si riavvicinò all’ex moglie Rády, dalla quale si era separato anni prima. La donna lo sostenne in aula, e una volta scontata la pena, i due ripresero la loro convivenza. Tuttavia, nel gennaio 2010, Krisztina fu trovata morta nella casa che condividevano. L’autopsia all’epoca confermò il suicidio e non riscontrò segni di violenza fisica da parte di Cantat.
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Le “indagini” di Netflix
Ma la docuserie true crime di Netflix ha riaperto ferite e interrogativi. Il procuratore generale Renaud Gaudeul ha dichiarato che, alla luce di nuove testimonianze e dichiarazioni escluse dai fascicoli precedenti, il caso è stato riaperto per la quarta volta. In particolare, è considerata rilevante la testimonianza anonima di un’infermiera che, nel documentario, allude a violenza psicologica sistematica, compatibile con un contesto di “suicidio indotto”. Le denunce della giurista e attivista Yael Mellul, già nel 2013 e nel 2018, non erano bastate a riaprire le indagini. Ma oggi lo scenario è diverso.

L’indignazione dei francesi
Contattata dalla stampa francese, Mellul si è detta “sollevata” dalla svolta della procura, definendo l’intera vicenda “un caso emblematico di suicidio forzato”. L’avvocato di Cantat, Antonin Levy, ha affermato invece di non essere stato informato ufficialmente della riapertura dell’inchiesta. Nel frattempo, Bertrand Cantat ha lentamente ripreso l’attività pubblica dopo il 2010. Ha pubblicato un album con la band Detroit, quindi il disco solista Amor Fati nel 2017. Tuttavia, ogni suo ritorno artistico è stato accompagnato da forti polemiche, proteste di piazza e cancellazioni di concerti.

Nel 2018, dopo manifestazioni contro la sua presenza a Grenoble, Cantat ha annullato tutte le date del tour. Episodi simili si sono ripetuti anche negli anni successivi, fino al 2021, quando un gruppo femminista ha cercato di bloccare l’accesso al Théâtre de la Colline a Parigi, dove veniva rappresentata un’opera con musiche composte da lui.
Il trailer della docuserie
Il documentario Netflix ha dunque riacceso l’attenzione su un artista controverso e su due donne morte in circostanze drammatiche ►GUARDA SU NETFLIX