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Dallo schermo al Parlamento: Adolescence fa discutere e c’è chi propone misure drastiche

31/03/2025 10:42 - Ultimo aggiornamento 31/03/2025 10:43
adolescence giovani e tecnologia
Owen Cooper e Stephen Graham in Adolescence (Foto: Netflix ©)

La serie che sta facendo parlare di sé in tutto il mondo ha scosso l’opinione pubblica e riacceso il dibattito annoso e quantomai necessario sul rapporto tra adolescenti e tecnologia. Il successo di Adolescence su Netflix non si limita al numero di visualizzazioni – sebbene sia stato e sia tuttora il titolo più visto in decine di Paesi, compresi gli Stati Uniti – ma si misura soprattutto nella sua capacità di toccare un nervo scoperto e indurre alle riflessioni. In particolare, nel Regno Unito, dove ha rapidamente assunto una connotazione politica e sociale.

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Un thriller specchio della società

La miniserie, articolata in quattro episodi, ruota attorno a Jamie Miller, un tredicenne sospettato di aver ucciso una compagna di scuola. Il movente? Una possibile esposizione a contenuti misogini online, ed emerge dunque l’oscura sottocultura incel . È l’abbreviazione di involuntary celibate, cioè “celibe involontario”, una comunità online tossica formata principalmente da uomini eterosessuali che dichiarano di non riuscire ad avere relazioni sentimentali o sessuali con le donne, nonostante lo desiderino: uomini, spesso giovanissimi, che odiano le donne. Ma Adolescence non si limita al dramma psicologico: è una lente attraverso cui osservare le dinamiche familiari, scolastiche e culturali che plasmano – e talvolta deformano – i giovani di oggi.

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Dallo schermo al Parlamento

A pochi giorni dal debutto, il primo ministro britannico Keir Starmer ha dichiarato pubblicamente di guardare la serie con i propri figli. Ha colto l’occasione per sottolineare l’urgenza di affrontare le “conseguenze fatali” dell’accesso incontrollato ai contenuti digitali da parte dei minori. Un endorsement significativo, che conferma il valore politico dell’opera. Ma Jack Thorne, l’ideatore della serie, come si legge sul New York Times, non si accontenta delle parole: chiede leggi, interventi concreti. Propone, in particolare, di vietare l’accesso ai social media sotto i 16 anni, come recentemente sancito in Australia.
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Il mondo dentro uno smartphone

Adolescence ha colto un’ansia collettiva già latente: quella di genitori che temono cosa possa trovare un figlio sul proprio smartphone, lo strumento attraverso il quale molti giovani conducono una vita parallela, all’insaputa dei genitori stessi. Daisy Greenwell, fondatrice del movimento Smartphone Free Childhood, lo conferma: lo show ha dato voce a un “profondo senso di panico”. Il terzo episodio, in particolare, ha lasciato il segno: durante un confronto con una psicologa, Jamie passa da ragazzo dolce ad adolescente rabbioso. È un momento crudele e potente, che molti genitori hanno trovato scioccante.

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Ma la tecnologia è solo una parte del problema

Non è un’opera didattica. Non indica colpevoli. Non offre soluzioni. Lo stesso Thorne è consapevole dei rischi di semplificazione. Sebbene invochi leggi per limitare l’uso degli smartphone, sa bene che il problema è più ampio. In Adolescence, la scuola è sottofinanziata, i docenti esausti, la polizia disattenta, e la famiglia – sebbene amorevole – inconsapevole. È l’intero ecosistema sociale a fallire.