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La trilogia del narcotraffico di Netflix: le nostre recensioni di “Narcos”, “Narcos: Messico” ed “El Chapo”

19/09/2024 17:36 - Ultimo aggiornamento 19/09/2024 17:47
recensione narcos serie tv netflix

La nostra recensione di Narcos e delle altre serie tv di Netflix sul narcotraffico – L’immediato successo di Bandida, il film sulla donna che ha scalato i vertici del narcotraffico di Rio de Janeiro, è forse dovuto – anche – al fatto che si tratti di una storia vera, sebbene romanzata. Non può non tornare alla mente, dunque, quella che potremmo definire una sorta di “trilogia del narcotraffico” su Netflix, anch’essa ispirata alle storie reali di personaggi come Pablo Escobar, i fratelli Rodriguez, Miguel Angel Felix Gallardo e “El Chapo” Guzmàn, che hanno dominato per anni sui cartelli colombiani e messicani e sono diventati oscenamente ricchi grazie al traffico internazionale della cocaina prodotta (con costi irrisori) nei laboratori latino americani.

Stiamo parlando di serie tv leggendarie, che resistono da anni nel catalogo della piattaforma streaming e meritano di essere viste (se non ri-viste), per il loro iperrealismo e poiché sono ben scritte e verosimili, e supportate da interpretazioni magistrali. Veniamo, dunque, alla nostra triplice recensione di Narcos, Narcos: Messico ed El Chapo. (Continua a leggere dopo la foto)

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Cominciamo dalla recensione di Narcos, la serie tv di Netflix su Pablo Escobar. Negli anni Ottanta la cocaina era una droga molto sexy e glamour, anche perché non se ne conoscevano a fondo i danni che comporta. Nei primi anni Ottanta il suo consumo esplose come una bomba: dapprima a Miami, quindi in California e a New York, per poi invadere letteralmente tutti gli Stati Uniti. E il mondo intero. All’epoca, e per lungo tempo, l’80% della polvere bianca in commercio aveva un unico patròn: Pablo Escobar. Il criminale più ricco della storia (secondo Forbes, nei suoi anni d’oro, Escobar era il settimo uomo più ricco del mondo) nasce come piccolo contrabbandiere. La serie, prodotta tra il 2015 e il 2017, ce lo presenta in tutta la sua ambizione che lo porta – da semplice contrabbandiere, come detto – a diventare il capo del famigerato Cartello di Medellín. La serie ce lo presenta in tutta la sua complessità, dipingendo un anti-eroe paranoico e violento. (Continua a leggere dopo la foto)

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La narrazione riesce a bilanciare perfettamente le dinamiche tra i protagonisti e i loro antagonisti, facendo emergere il contrasto tra la brutalità dei narcos (la stagione stragista di Escobar ricorda quella di Totò Riina) e gli sforzi eroici degli agenti per fermarli. Quando Escobar muore, al termine della seconda stagione, lo spettatore ancora non sa che la terza stagione (forse) supera persino le prime due: la storia non finisce con la morte del patròn, ed ecco emergere il cartello rivale, e ora monopolista: quello di Cali, votato al basso profilo e al ricorso alla violenza solo se è strettamente necessario. Un punto di forza di Narcos è l’uso della lingua originale spagnola, con i sottotitoli. Al contempo, però, ciò può rappresentare un ostacolo per chi è abituato al doppiaggio. Tuttavia, questo dettaglio contribuisce all’autenticità della narrazione e immerge lo spettatore nel cuore pulsante del racconto.

Ora, la nostra recensione su Narcos: Messico, la serie tv di Netflix su Miguel Angel Felix Gallardo. La lucidissima e spietata narrazione di un sistema criminale capace di orientare governi e uccidere rivali con la stessa facilità, poi, prosegue fuori dalla Colombia. E lo spettatore non rimpiange né la Colombia stessa, né la figura oscura di Pablo Escobar. Ora, al centro della scena troviamo un altro anti-eroe, parimenti spietato: Miguel Angel Felix Gallardo. La serie, prodotta tra il 2018 e il 2021, racconta la nascita del moderno narcotraffico messicano, focalizzandosi sul Cartello di Guadalajara e sul suo leader. Con un cast eccellente e una narrazione che mescola azione e realismo storico, anche Narcos: Messico si conferma un titolo imperdibile per gli amanti del genere crime. La serie riesce a raccontare il lato brutale del narcotraffico senza romanticizzarlo. Al contrario, evidenzia la devastazione che il Cartello ha portato nel Paese, rendendo chiaro il peso dell’eredità criminale che il Messico continua a portare sulle spalle. (Continua a leggere dopo la foto)

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Narcos: Messico evita la tentazione di glorificare i criminali, mettendo in risalto le conseguenze terribili delle loro azioni. L’aggiunta di un personaggio come Kiki Camarena, un uomo semplice che si trova a combattere contro un colosso criminale, aggiunge profondità e drammaticità alla narrazione. Si tratta dell’agente della DEA che venne rapito e ucciso dal Cartello di Guadalajara. Questo contrasto tra il piccolo e il grande, tra il giusto e il corrotto, è ciò che rende Narcos: Messico una serie avvincente e, per certi versi, più oscura rispetto al suo predecessore. Un difetto? Pur essendo una serie solida, Narcos: Messico potrebbe non conquistare tutti. Chi ha amato Narcos per la figura imponente di Escobar potrebbe trovare più difficile appassionarsi a Felix Gallardo, meno noto al grande pubblico.

Narcos ha lasciato un segno indelebile nel panorama delle serie crime, ed El Chapo si ritrova inevitabilmente a confrontarsi con l’ombra lunga di Pablo Escobar. Joaquin Archivaldo Guzmán Loera, detto “El Chapo” per la bassa statura, era il mitico capo del Cartello di Sinaloa, il sodalizio criminale più ricco, potente e spietato del Messico ed è noto per le sue incredibili e ripetute evasioni dal carcere. Inizialmente, era solo un sottoposto, ma l’ambizione era tanta. La serie, prodotta tra il 2017 e il 2018, ce lo mostra da giovane e poi negli ultimi anni, in un continuo rimando di flashback che forse disorientano un po’ chi non abbia visto Narcos e Narcos: Messico. Consigliamo, dunque, di guardare queste tre serie nell’ordine cronologico con cui sono state rilasciate. (Continua a leggere dopo la foto)

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Una delle sfide principali della serie è far emergere El Chapo come protagonista, nonostante il confronto inevitabile con Escobar. Joaquín Guzmán, interpretato da Marco de la O, è un personaggio meno carismatico rispetto al patrón colombiano. Questo si riflette anche nella narrazione: la serie parte in modo più lento, priva della stessa tensione immediata che caratterizzava Narcos. Eppure, per chi è appassionato di serie crime, El Chapo rappresenta una tappa obbligata.