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Gli attori italiani spediscono Netflix in Tribunale: il motivo

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09/04/2024 12:43 - Ultimo aggiornamento 13/05/2024 20:23

Gli attori italiani spediscono Netflix in Tribunale. Mesi non del tutto facili per il colosso streaming che solo di recente ha dovuto affrontare un giudice in merito al caso scoppiato intorno alla  serie tv Inventing Anna. Adesso l’attenzione mediatica si sposta in Italia. Dopo lo sciopero dei doppiatori, che hanno interrotto la loro attività per una ventina di giorni chiedendo non solo il rinnovo del contratto nazionale, ma anche ritmi di lavoro meno serrati, i riflettori si accendono su Artisti 7607, società cooperativa che tutela e gestisce i diritti degli attori e dei doppiatori. Il motivo è presto spiegato in questo articolo.

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Netflix citato a giudizio in Tribunale: il motivo

Un compenso adeguato e proporzionato spettante per legge ai propri artisti mandanti: questo il motivo che ha condotto Artisti 7607 a citare Netflix davanti al giudice. Al coro delle proteste si uniscono molti volti noti al mondo dello spettacolo, del cinema e della televisione, primo tra tutti Neri Marcorè: “Artisti 7607 fa una scelta doverosa per difendere la dignità professionale non solo dei nostri artisti ma di tutta la categoria. Non vogliamo subire atteggiamenti ostruzionistici e accettare compensi irrisori da parte delle piattaforme streaming, per le stesse ragioni che hanno motivato il recente sciopero degli attori e sceneggiatori americani. Tutti reclamiamo trasparenza dei dati di sfruttamento delle opere audiovisive e adeguatezza dei compensi’’.

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La protesta degli attori italiani: Neri Marcorè a Elio Germano

“La causa è l’inevitabile conseguenza di sterili e lunghe trattative nel corso delle quali la piattaforma non ha ottemperato agli obblighi di legge; non ha fornito dati completi sulle visualizzazioni e i ricavi conseguiti in diverse annualità”, ha dichiarato Cinzia Mascoli, presidente di Artisti 7607. Elio Germano attore romano e uno dei fondatori di Artisti 7607 ha affermato: ‘’Proprio le piattaforme che trattano e sfruttano dati si rifiutano, grazie al loro strapotere economico e contrattuale, di fornirci i dati previsti dalla normativa e di corrispondere conseguentemente i compensi agli artisti. E parliamo di multinazionali i cui ricavi vengono esclusivamente dallo sfruttamento di opere audiovisive’’.

La richiesta degli attori italiani a Netflix

Michele Riondino si è espresso in merito alla vicenda con queste parole: ‘’La Direttiva Copyright ha chiarito che le remunerazioni degli artisti devono essere “adeguate e proporzionate” ai ricavi. Invece ci troviamo davanti a un sistema in cui le piattaforme, senza fornire tutte le informazioni previste dalla legge, chiudono accordi al ribasso e poi cercano di imporre le stesse cifre a tutto il mercato, così da tenere i livelli dei compensi degli artisti sempre molto bassi’’.

‘’A tutela dell’intera categoria Artisti 7607 si oppone ad un sistema nel quale gli interpreti vengano sottopagati: accettare compensi che appaiono irrisori rispetto agli immensi guadagni generati da uno sfruttamento globale esponenziale delle opere audiovisive peserebbe come un grave precedente sul futuro di tutti gli artisti’’, dichiara Alberto Molinari. A chiusura anche le dichiarazioni di Valerio Mastandrea, reduce dal successo nel film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani ‘’Ci assumiamo questa responsabilità perché le scelte che vengono fatte oggi riguardano tutti e avranno ripercussioni sul presente e sul futuro di tanti artisti e di tante generazioni. Anche quelle che verranno dopo di noi, quindi a brevissimo’’.

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La posizione di Netflix

Davanti alle richieste degli attori italiani e della società, Netflix afferma di aver raggiunto accordi siglati con ben tre diverse società e che la questione relativa alla disomogeneità dei compensi sia da ricondurre a una netta frammentazione degli attori in diverse società di rappresentazione.

Fonti: La Repubblica, X