
Tra il 1974 e il 1991 Dennis Rader, conosciuto con l’acronimo BTK – da Bind, Torture, Kill (“legare, torturare, uccidere”, la sua macabra routine omicida) – seminò il terrore a Wichita, Kansas, uccidendo dieci persone nel corso di quasi vent’anni. Dietro l’immagine irreprensibile di marito e padre di famiglia, devoto membro della Chiesa luterana e capo scout, si nascondeva in realtà un serial killer metodico e ossessivo.

I casi rimasero irrisolti finché, nel 2005, Rader fu finalmente individuato e arrestato e, ora, il documentario Netflix getta nuova luce su questa storia aberrante, anche grazie al sofferto racconto di Kerri Rawson, la figlia inconsapevole, che in Mio padre, il killer BTK ha sfogato tutto il suo dolore e la sua frustrazione per aver vissuto accanto a un mostro.
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Alle origini della devianza
Fin da giovane, Rader aveva mostrato segnali di psicopatia: provava piacere nel torturare animali, nutriva fantasie sessuali sadiche e praticava comportamenti devianti come l’asfissia autoerotica e il cross-dressing. Dopo il servizio nell’Air Force, tornò negli Stati Uniti, si laureò in Criminologia, si sposò e mise su famiglia. Nessuno sospettava che dietro la facciata dell’uomo comune si celasse un assassino. La sua prima strage risale al 15 gennaio 1974, quando massacrò i quattro membri della famiglia Otero, tra cui due bambini. Negli anni successivi colpì ancora, uccidendo donne come Shirley Vian e Nancy Fox, tutte legate e assassinate secondo un rituale perverso.

Il narcisismo maligno del serial killer
BTK cercava deliberatamente l’attenzione dei media: inviava lettere dettagliate alla polizia e alle redazioni locali, vantandosi dei delitti e sfidando gli investigatori a catturarlo. Apriamo una doverosa parentesi per rimarcare come tale forma di narcisismo maligno, ovvero provocare le autorità attraverso rivendicazioni beffarde, sia un carattere tipico di molti serial killer. Nonostante ciò, il caso rimase irrisolto per oltre trent’anni. Nel 2004, quando molti lo ritenevano ormai morto o detenuto, Rader tornò a comunicare con la polizia, inviando prove dei suoi crimini e rivendicando vecchi omicidi. Fu la sua arroganza a tradirlo, dunque, come vedremo a breve.
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Nel 2005 spedì un floppy disk contenente un documento Word modificato in una chiesa luterana, da cui gli investigatori risalirono facilmente al suo nome. Il DNA della figlia, recuperato da un vecchio pap test, confermò l’identità del killer. Arrestato il 25 febbraio 2005, Rader confessò in aula tutti e dieci gli omicidi, descrivendo con freddezza ogni dettaglio e spiegando che agiva per soddisfare le proprie fantasie sessuali. Ammetterà di aver pianificato altri omicidi e che, senza i vincoli di famiglia, lavoro e religione, avrebbe ucciso ancora molte persone.

Nel corso delle indagini vennero trovati nella sua casa faldoni con appunti minuziosi, schizzi delle vittime, fotografie di se stesso travestito con gli abiti delle donne uccise e oggetti appartenenti a queste ultime, nascosti in un capanno. Rader venne condannato a dieci ergastoli consecutivi, per un totale di 175 anni di carcere.
La tragedia di Kerri Rawson
Oggi Dennis Rader è detenuto nel carcere di massima sicurezza di El Dorado, dove sconterà il resto dei suoi giorni, come precisa il Corriere della sera. La figlia, Kerri Rawson, che ha raccontato l’inferno vissuto nel docufilm Netflix Mio padre, il killer BTK, collabora con le autorità per fare luce su possibili altre vittime. La vicenda ha ispirato scrittori come Stephen King, con il racconto Un bel matrimonio, e Thomas Harris, che si è ispirato a lui per creare Francis Dolarhyde ne Il delitto della terza luna. Il caso BTK resta uno degli esempi più agghiaccianti di doppia vita criminale nella storia americana: un uomo comune capace di trasformarsi nel più feroce dei mostri senza che nessuno, per decenni, sospettasse nulla.