
Su uno yacht lussuoso e scintillante che solca il Mare del Nord — solo persone affascinanti, champagne a fiumi e l’illusione della perfezione — qualcosa di oscuro comincia a muoversi. Dietro i bicchieri di cristallo e gli interni dorati, il pericolo si insinua. La donna della cabina numero 10 tratto dall’omonimo bestseller internazionale di Ruth Ware, trasforma questo paradiso galleggiante in un incubo claustrofobico, un thriller da stanza chiusa dove nulla è come sembra.
La donna della cabina numero 10 non è solo un thriller — è un riflesso su come le voci delle donne vengano troppo spesso messe a tacere o messe in dubbio. Trasforma il lusso in paranoia e l’intuizione in “instabilitĂ ”. Ecco la nostra recensione.
La storia segue Lo Blacklock, interpretata da Keira Knightley, una giornalista affermata ancora scossa per la tragica morte di una sua fonte. Sperando di ritrovare equilibrio mentre lavora a un progetto per la sua rivista, parte per il viaggio inaugurale dell’Aurora Borealis, una nave da crociera boutique che ospita un esclusivo circolo di ricchi e potenti — riuniti, apparentemente, per sostenere una fondazione per pazienti terminali. Ma quando Lo assiste a un violento episodio notturno e si convince che un omicidio sia avvenuto a bordo, il suo mondo crolla. Nessuno le crede. L’equipaggio insiste che se lo sia immaginato. Gli ospiti mormorano della sua presunta instabilità — una donna con troppo vino, troppe pillole, troppi nervi.
Man mano che l’ansia di Lo si trasforma in terrore, il film scivola in una spirale soffocante di paranoia, alienazione e gaslighting. Ogni corridoio sembra risuonare di minacce; ogni riflesso nasconde un altro segreto. La tensione richiama il vertigine psicologico di Hitchcock (Psycho, Rope) e l’inquietudine esistenziale di Polanski (Rosemary’s Baby, The Tenant), dove il confine tra percezione e realtĂ si dissolve fino a far dubitare anche lo spettatore di ciò che ha visto. Scendiamo insieme a Lo nel suo disfacimento psicologico, vivendo gli eventi attraverso la sua prospettiva sempre piĂą offuscata mentre il dubbio, la paura, l’umiliazione e l’ansia prendono il sopravvento. Un costante senso di claustrofobia pervade il film, con lo yacht che diventa un potente simbolo di prigionia — un luogo senza via di fuga, dove nessuno sembra capirla o crederle, e dove non c’è una misura chiara per distinguere la realtĂ dall’immaginazione.

Sotto la sua superficie carica di suspense, La donna della cabina numero 10 offre un commento tagliente sulla tendenza a sminuire le voci delle donne — un tema senza tempo e ancora dolorosamente attuale. L’”intuizione” di Lo viene trattata non come un’intuizione ma come instabilitĂ , la sua intelligenza emotiva ridotta a isteria. Il film indica silenziosamente ma con forza la piaga culturale di non fidarsi delle donne che parlano di pericolo, un tema ricorrente nella storia fin dalla profetessa Cassandra nell’Iliade di quasi 3000 anni fa, che prevedeva la caduta di Troia — una donna dotata di acuto intuito, che si fida del proprio istinto, che cerca di svelare la veritĂ anzichĂ© seguire l’opinione della massa, viene etichettata come paranoica, drammatica o delirante e strega anzichĂ© perspicace.
Pur mantenendo tensione e atmosfera, il film scivola occasionalmente in territori di genere già battuti. Alcuni colpi di scena risultano fin troppo prevedibili per un film del 2025, soprattutto in un panorama cinematografico dove il pubblico ha già visto numerose storie di protagonisti che si sfaldano nell’isolamento — da Shining a The Passenger, Don’t Worry Darling, The Changeling, The Truman Show e molti altri. I suoi visual lucidi e raffinati e i dialoghi, sebbene ottimamente realizzati, a volte giocano contro la memorabilità , puntando più alla commerciabilità che all’originalità .
Detto ciò, anche dentro queste convenzioni ben conosciute, La donna della cabina numero 10 resta un thriller avvincente e elegantemente costruito — visivamente impressionante, psicologicamente sfumato e profondamente consapevole dei fantasmi cinematografici che evoca.
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Recensione di Leila Magnolia Luciano

